Le prose brevi di Robert Walser: di una tale leggera semplicità, da rendere difficile qualsiasi commento.
Le note biografiche non sono di grande aiuto: la nascita in Svizzera nel 1878, i soggiorni berlinesi, e dagli anni trenta i lunghi ricoveri nelle cliniche psichiatriche, fino alla morte, nel corso di una passeggiata in montagna, nel 1956: “uno strano svizzero – ebbe a definirlo Italo A. Chiusano – ritiratosi così presto nel lungo paesaggio di nebbia di una pazzia garbata e cerimoniosa”.
L’interesse per i temi e i luoghi della scuola, illustrati dai delicati disegni del fratello Karl, si manifesta in molte delle sue opere. Le Voci propongono il tono sommesso dei temi in classe di Fritz Kocher: l’immaginario alunno diligente, morto poco dopo aver lasciato la scuola, per il quale “Scrivere significa accalorarsi in silenzio.”
Robert Walser, I temi di Fritz Kocher, Milano, Adelphi, 1978 (1903), traduzione di Vittoria Rovelli Ruberl, pp. 28-30, 64-66.
La scuola
“Dell’utilità e necessità della scuola”: così suona il tema alla lavagna. Io sostengo che la scuola è utile. Mi trattiene da sei a otto ore al giorno tra i suoi ferrei o lignei artigli (banchi) e preserva il mio spirito dal pericolo di degenerare in sregolatezze. Sono costretto a imparare, ed è un’ottima cosa. Essa mi prepara alla vita pubblica che mi attende: il che è ancora meglio. Essa esiste e io amo e rendo omaggio ai fatti. Io vado volentieri a scuola e ne vengo via volentieri. In questo è lo svago più bello che un briccone buono a nulla possa desiderare. A scuola si dà la misura delle conoscenze di ciascuno. Lì le differenze non hanno più valore. Il ragazzetto più povero ha il diritto di essere il più ricco, per le conoscenze e il talento. Nessuno, nemmeno il professore, gli impedisce di distinguersi. Tutti provano rispetto per lui se è brillante: tutti si vergognano di lui se è ignorante. Io trovo che è una bella istituzione quella che stimola in tal modo l’ambizione e permette che si faccia a gara per ottenere chi i compagni ci ammirino. Io sono terribilmente ambizioso. Nulla riempie tanto la mia anima di felicità quanto la sensazione di avere stupito il professore con una risposta intelligente. So di essere uno degli scolari migliori, ma tremo costantemente al pensiero che uno ancora più bravo possa superarmi. Questo pensiero è caldo e stimolante come l’inferno. Ecco quale è la grande utilità della scuola: fa lavorare, stimola, dà slancio, accarezza l’immaginazione, è l’anticamera, direi quasi la sala d’aspetto, della vita. Nulla di ciò che esiste è inutile. La scuola men che meno. Soltanto degli scolari pigri, e che perciò vengono spesso castigati, possono giungere a quest’idea. Peraltro mi meraviglio che ci venga posto un problema come questo. A dire il vero gli scolari non possono parlare dell’utilità e della necessità della scuola, nella quale essi stessi ancora si trovano. Su una cosa come questa dovrebbero scrivere persone di una certa età. Per esempio il professore stesso, oppure mio padre, che ritengo un uomo saggio. Il presente, che ci circonda con il suo canto e il suo fragore, non lo possiamo afferrare con la penna in nessuna forma soddisfacente. Si possono fare ogni sorta di chiacchiere, sì: ma se il guazzabuglio (mi perdòno la malcreanza che mi fa così qualificare il mio lavoro) che si scrive, dica e significhi poi qualcosa, resta da vedere. Io amo la scuola. Mi sforzo di fare del mio meglio per amare quello che già mi è stato imposto e della cui necessità mi hanno da ogni parte silenziosamente convinto. La scuola è l’indispensabile collare della gioventù, e ammetto che è un ornamento prezioso. Come si sarebbe di peso ai genitori, a chi lavora, ai passanti per la strada, ai negozianti, se non si dovesse andar a scuola! Con che cosa vorremmo passare il tempo se non con i compiti! Anche fare monellerie finisce per stancare. E andare a spasso non si può senza cogliere l’occasione, qua e là, di far qualche monelleria. Sì, davvero, la scuola è una bella istituzione. Non mi lamento assolutamente di appartenerle, anzi me ne rallegro di cuore. Tutti gli scolari intelligenti e amanti della verità devono dire lo stesso, o qualcosa di molto simile. Il voler parlare dell’utilità di una cosa necessaria è superfluo, dal momento che tutto ciò che è necessario è senz’altro utile.
Il tema in classe
Un tema deve essere scritto pulitamente e con calligrafia leggibile. Soltanto chi scrive cattivi temi dimentica di darsi da fare per essere chiaro tanto nelle idee quanto nella calligrafia. Si deve prima pensare e poi scrivere. Cominciare una frase con pensieri incompiuti è una trascuratezza che non si può mai perdonare. Certo, la pigrizia dello scolaro gli fa credere che dalle parole nascono le parole. Ma non è altro che una vana e pericolosa illusione. È molto più facile stancarsi di camminare sulla strada maestra se prima non ci si è prefissi una meta. – Trascurare i punti, le virgole e gli altri segni d’interpunzione è un errore da cui ne deriva necessariamente un altro, lo stile disordinato. Lo stile è senso dell’ordine. Chi ha uno spirito non limpido, disordinato, poco bello, scriverà in uno stile con le medesime caratteristiche. Dallo stile, come dice un vecchio proverbio pettegolo ma non per questo meno vero, si riconosce l’uomo. – Nello scrivere non si devono agitare in qua e in là i gomiti. In tal modo si dà fastidio al proprio vicino di banco, che certo non è insensibile al disturbo, essendo uno che sta pensando e scrivendo. Scrivere significa accalorarsi in silenzio. Chi non sa star seduto tranquillo ma deve sempre far fracasso e darsi arie perché sta eseguendo un lavoro, non potrà mai scrivere in modo piacevole e vivace. – Su una bella carta liscia si può scrivere molto meglio, e perciò in modo molto più scorrevole, e perciò con maggiore sensibilità e piacevolezza; si badi, quindi, ad avere a disposizione della carta adatta. Per che cosa ci sono tante cartolerie? Scrivere con ricchezza di idee è bello, ma ci si guardi dal voler imbottire il proprio lavoro con troppe idee. Un tema, come in genere un lavoro, deve essere piacevole da leggere e da utilizzare. Troppe idee e opinioni fanno solo crollare la leggera armatura, vale a dire la forma della quale ogni tema deve essere rivestito. Cosa diventa allora un tema? Una pietraia, una frana, un incendio violento, che forse è splendido ma anche tristissimo da vedere. A chi è privo di idee questo mio ammonimento non serve; perché il suo edificio non sarà certamente sovraccarico. – Nei temi può esserci dello spirito, ma solo come un ornamento leggero e delicato. Chi è spiritoso di natura deve stare bene attento. I motti di spirito che suonano bene quando vengono dalla bocca solo di rado fanno un bell’effetto anche sulla carta. Inoltre non sta bene fare di un dono di cui si è abbondantemente provvisti un uso che non sia più che cauto. – Cancellare parole dà un aspetto trascurato; si cerchi di abbandonare questa abitudine. Io stesso ho bisogno di gridarmelo forte. Mio caro io, ne terrò debita nota. Guardare nel quaderno del proprio vicino per carpire idee o spunti che a noi non vengono, è un’azione indegna. Nessuno scolaro dovrebbe avere così poco amor proprio da preferire un furto insulso alla più nobile ammissione che si è dato fondo al proprio sapere. È meglio non molestare il professore con domande e sospiri. Cose del genere non sono da coraggiosi, e mostrano soltanto quanto si è in imbarazzo per la mancanza di cognizioni che bisognerebbe possedere. Il professore disdegna un atteggiamento simile.