Marino Moretti è conosciuto come poeta crepuscolare, ma fu anche scrittore di romanzi e studioso. La sua bella casa affacciata sul canale di Cesenatico è ancora oggi un centro studi notevole e vale la pena di una visita per la sua atmosfera come sospesa, stillante inchiostro, poesia, tempo che fu.
Quanto lontana dalla mentalità moderna questa poesia su una fuga da scuola vissuta con rimpianto, senso di colpa, puro dolore! Le ore che non passano: non sono oggi, per i nostri studenti, piuttosto, quelle dentro l’aula? Un mondo rovesciato, in cui si staglia l’eco dell’appello perduto, e si imprimono nella memoria quei due cognomi reiterati.
E dove siete, dunque, chi siete, allievi fantasmi, pure sonorità? Testimoni della propria esistenza, garanti di una vita scolastica passata. In quale registro li ritroveremo, a quale verifica li sottoporremo? Un ragazzo rifiuta la scuola, allora come oggi; ma noi intanto interroghiamo: Poggi! Poggiolini!
Marino Moretti, Le prime tristezze, in Poesie scritte col lapis, Napoli, Ricciardi, 1910
Ero un fanciullo, andavo a scuola, e un giorno
dico a me stesso: “Non ci voglio andare”
e non andai. Mi misi a passeggiare
solo soletto fino a mezzogiorno.
E così spesso. A scuola non andai
che qualche volta da quel triste giorno.
Io passeggiavo fino a mezzogiorno
e l’ore… l’ore non passavan mai.
Così il rimorso teneva il mio cuore
in quella triste libertà perduto,
e qual ansia, mio Dio, d’esser veduto
dal signor Monti, dal signor dottore!
Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,
al registro, all’appello (oh il nome, il nome
mio nel silenzio) e mi sentivo come
proteso su l’abisso dell’ignoto.
E mi spingevo fin verso i giardini
od ai vïali fuori di città;
e mi chiedevo: “Adesso, chi sarà
interrogato, Poggi o Poggiolini?”.
O fra me ripetevo qualche brano
di storia (Berengario, Carlo Magno,
Rosmunda) ed era la mia voce un lagno
ritmico, un suono quasi non umano.
E quante volte domandai
l’ora a un passante frettoloso ed era
nella richiesta mia tanta preghiera!
Ma l’ore… l’ore non passavan mai.
Chi mi darà, chi mi darà quell’ore
così perdute dell’infanzia mia?
Non tu, non tu che tanta nostalgia
e tanto affanno mi ridesti in cuore,
non tu, non tu che la tua fronte chini
per tacermi una lacrima o il pensiero
ch’è su la soglia del tuo ciglio nero
e nemmen Poggi e nemmen Poggiolini.