Un brano che sembra intriso d’una fiducia illusoria e cieca: non verrà mai meno l’esigenza di maestri che insegnino e di allievi che apprendano. Una convinzione così risoluta, però, da essere trascinante.
G. Steiner, La lezione dei maestri, Milano, Garzanti, 2004, trad. di F. Santovetti e S. Velotti, pp. 167-171
L’esigenza di trasmettere conoscenza e abilità e il desiderio di acquisirle sono delle costanti della condizione umana. Essere maestri ed essere discepoli, l’istruzione e la sua acquisizione devono continuare fino a che esisteranno delle società. La vita come la conosciamo noi non potrebbe andare avanti senza di esse. Ora, però, ci sono dei significativi cambiamenti in corso. […]
Calcolo, teoria informatica, l’ubiquità di internet e del web globale mettono in atto molto di più che una rivoluzione tecnologica: comportano trasformazioni di coscienza, di abitudini percettive ed espressive, di sensibilità reciproca che stiamo a malapena cominciando a calibrare. […]
L’impatto sul processo di apprendimento è già imponente. Alla sua consolle, lo scolaro si espande in nuovi mondi. Come fanno lo studente con il suo portatile e i ricercatore che naviga in rete. Nuove condizioni nello scambio cooperativo e nel dibattito, nell’immagazzinamento della memoria, nella trasmissione immediata e nella rappresentazione grafica hanno già riorganizzato numerosi aspetti della Wissenschaft. Il monitor può insegnare, esaminare, dimostrare, interagire con una precisione, una chiarezza e una pazienza che superano quella dell’insegnante umano. Lo schermo non conosce né pregiudizio né stanchezza. L’allievo, a sua volta, può fare domande, obiettare e rispondere secondo una dialettica il cui valore pedagogico è possibile superi quello del discorso parlato.
Come per reazione, il ricorso al saggio terapeutico, al guru e allo sciamano più o meno secolarizzato è diffuso, particolarmente nell’insonne Occidente. Guaritori, mediatori dell’occulto, consiglieri (la designazione mafiosa qui è appropriata) spirituali, o furbi ciarlatani non sono mai stati così numerosi. […]
Le donne maestro sono state poche, anche se eminenti. Da Siracusa, Atene e Antiochia in poi, le discepole hanno invece abbondato. Questa “demografia” sta ora cambiando: nello studio della letteratura e delle lingue moderne, le ragazze superano i ragazzi. La femminizzazione si sta allargando a tutte le materie umanistiche e le arti liberali. Le donne si stanno battendo per il loro legittimo posto al sole nelle scienze e nella tecnologia. La struttura patriarcale inerente al rapporto maestro-discepolo sta perdendo importanza. Identità e discrimine sessuali si confondono. […]
La terza mutazione è la più importante. E la più difficile da definire. Quale sia il contesto etnico e la civiltà dominante, il rapporto maestro-discepolo ha le sue profonde radici nell’esperienza religiosa e nel culto. […] Qualora “reverenza” e deferenza si affievoliscano, restano il rispetto, la sottomissione volontaria. […]ueste forme, queste convenzioni dello spirito furono sottoscritte da una reverenza pressoché indiscussa, lampante. Qualora “reverenza” e deferenza si affievoliscono, restano il rispetto, la sottomissione
Chiamerei, quella attuale, l’età dell’irriverenza: Le cause di questa profonda trasformazione sono dovute a rivoluzioni politiche, a sommosse sociali (la notoria “rivolta delle masse” di Josè Ortega y Gasset) e allo scetticismo che le scienze portarono con sé. L’ammirazione, per non parlare della reverenza, è passata di moda. Siamo assuefatti all’invidia, alla denigrazione e a un livellamento verso il basso. Quando aleggia dell’incenso, va in direzione di atleti, pop star, gli ossessi del denaro o i re del crimine.
Scientismo; femminismo; la democrazia di massa e i suoi media. Può, deve “la lezione dei maestri” sopravvivere al loro impeto travolgente?
Credo che ci riuscirà, anche se ciò avverrà in forme imprevedibili. Credo che debba riuscirci. Libido sciendi, desiderio sfrenato per il sapere, brama per comprendere, è un moto inciso negli uomini e nelle donne migliori. Tale è pure la vocazione del maestro. Non esiste una professione di maggior privilegio. Risvegliare in un altro essere umano forze e sogni superiori alle proprie; indurre in altri l’amore per quello che amiamo; fare del proprio intimo presente il loro futuro: è una triplice avventura senza pari. […]
Anche a un livello modesto, come quello del maestro di scuola, insegnare, e insegnare bene, significa essere complici di possibilità trascendenti. Una volta risvegliato, quel bambino esasperante nell’ultima fila potrà scrivere pagine o concepire teoremi che terranno impegnati per secoli. Una società, come quella basata sul profitto sfrenato, che non fa onore ai propri insegnanti è difettosa. Può essere che qui stia il senso più radicale della pornografia infantile. […]
Nessun mezzo meccanico, per quanto rapido, nessun materialismo, per quanto trionfante, può cancellare il nuovo giorno che viviamo quando abbiamo compreso un maestro. Quella gioia non allevia certo la morte. Ma ci rende furiosi per il suo spreco. Non c’è tempo per un’altra lezione?