CANZONE DEL DANNO E DELLA BEFFA
di Giovanni Raboni
Stillicidio di delitti, terribile:
si distruggono vite,
si distruggono posti di lavoro,
si distrugge la giustizia, il decoro
della convivenza civile.
E intanto l’imprenditore del nulla,
il venditore d’aria fritta,
forte coi miserabili
delle sue inindagabili ricchezze,
sorride a tutto schermo
negando ogni evidenza, promettendo
il già invano promesso e l’impossibile,
spacciando per paterno
il suo osceno frasario da piazzista.
Mai così in basso, così simile
(non solo dirlo, anche pensarlo duole)
alle odiose caricature
che da sempre ci infangano e sfigurano.
Anche altrove, lo so,
si santifica il crimine, anche altrove
si celebrano i riti
del privilegio e dell’impunità
trasformati in dottrina di Stato.
Ma solo a noi, fradici
di antiche colpe e remissioni,
a noi prima untori e poi vittime
della peste del secolo
è toccata, con il danno, la beffa,
una farsa in aggiunta alla sventura.
Giovanni Raboni, Ultimi versi, postfazione di P. Valduga, Garzanti, Milano 2006.
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