10 febbraio 2012: giornata del ricordo, dopo la giornata della memoria.
Per le foibe nostro padre, a noi, già ragazzini delle elementari, rispose che aveva sempre preferito non dirci nulla, perché non se ne poteva parlare, nessuno ci avrebbe creduto e ci avrebbero deriso. Ha voluto proteggerci dalle derisioni di chi sosteneva che le foibe non erano esistite! Anni ‘50: nni della ricostruzione; anni ‘60: anni del boom.
Eravamo nel contado bergamasco. Ci ha raccontato spesso delle nuotate al mare di Fiume, delle sciate domenicali, del fratello dal quale aveva ereditato i libri. della barca requisita che avrebbe voluto poter recuperare, Avrebbe voluto tornare a Fiume per essere sepolto lì. Mai delle foibe. Mio padre era venuto in Italia anni prima della guerra, ed è morto durante la guerra del Kosovo. Nel dicembre-gennaio nel ’92/’93 non voleva spostare l’albero di natale da casa, fino a che la guerra non fosse finita. E l’albero ha fatto getti verdi chiari vicino agli altri… quando lui ha cominciato a spegnersi.( era morta anche la mamma nel ’90)
Nessuna spiegazione per l’arrivo in Italia delle zie, dello zio, della nonna. Eppure ricordavo il funerale della nonna arrivata nella nostra casa in dicembre, morta nel sonno per infarto, il 13 dicembre del ’49. Come me , tutti i miei fratelli ricordano zia Amelia che, lasciata Fiume, era venuta a fare la cuciniera in un campo profughi a Bogliaco. Anche lei non ci ha mai raccontato la traversata da Fiume al Garda, ma la gioia, da giovane, della biciclettate a Fiume. La nostalgia. Sorridente, pacificata, ma sempre con un po’ di malinconia. Due zii sono partiti per l’Argentina, con la famiglia, dove anni dopo trovarono un altro colpo di stato!
Negli anni ’80, leggendo il Resto del Carlino, a Bologna. ho appreso che i bolognesi si rifiutarono di portare cibo ai profughi che passavano in treno, che ci furono contestazioni di lavoratori alla stazione, donne e bambini dovettero raggiungere Ancona per ricevere il latte e pane forniti dalla Curia.
Anni dopo è stata fissata la giornata della memoria, poi quella del ricordo, ma non possiamo più chiedere alla zia Amelia o al papà cose che oggi potrebbero raccontarci. Loro non ci sono più. Sono passate decine d’anni. Alcuni giornalisti, a giustificazione di quanto è accaduto, ci chiedono di ricordare il male dei fascisti: primo motore della tragedia delle foibe. In parte è vero, in parte è falso: nelle foibe sono stati massacrati partigiani e persino partigiani comunisti, non solo ex fascisti. Sono diventati profughi donne, vecchi e bambini. Inseriti nel territorio fino all’ora X. Ma in qualche modo diversi, in altro modo simili. Nelle foto di ragazzino mio padre aveva gli occhi a mandorla, come mongolo? Io sorridendo penso di avere sangue nomade nelle vene. I miei fratelli mi boicottano: sono stanziali. Siamo un po’ slavi, molto italiani, soprattutto europei. Guardiamo il passato con gli occhi rivolti al futuro.
In ogni modo memoria, ricordo, storia degli avvenimenti mi portano a ripensare all’insieme dei totalitarismi generatisi nel ‘900… contro chi non aderiva alle diverse logiche di potere. Dobbiamo ricordare che anni dopo ci fu un’insieme di logiche politiche, di mediazioni, che hanno cercato di tacitare sia responsabili delle stragi naziste nel centro Italia ( armadio della vergogna) sia l’esistenza di altre persecuzioni: dagli armeni, agli istriani. L’analisi storico-economica andrebbe ancor più approfondita, perché in un momento di crisi come questa non si prendano scorciatoie simili al passato.
Ricordiamo il disagio dei nostri concittadini non accolti, non visti, venivano profughi e venivano trattati come stranieri, rifiutati come oggi trattiamo gli stranieri.
Alle spalle lasciavano la cultura mitteleuropea, i volantini su Fiume di D’Annunzio, il loro mondo di tutti i giorni, case, terra, patrimoni. I residenti volevano tutelare il loro lavoro, la loro casa… I politici non volevano rischiare polemiche che rallentassero il passo verso il potere e gonfiavano queste paure! questi che arrivavano erano traditori, anche se donne e bambini… ma soprattutto erano trasparenti! Invisibili. Pensiamo alla loro fatica ad inserirsi, non avevano stella sul braccio, ma un altro marchio… appunto invisibile.
Le tragedie del ‘900 hanno avuto troppi occhi di chi non vedeva e non sentiva e non parlava, quindi molti bravi residenti in Italia hanno sfoderato queste armi per tutelarsi. Altri hanno offerto solidarietà. Grazie: siamo tutti debitori a chi è capace, a suo rischio, di azioni di profonda umanità.
Memoria e ricordo non devono evocare solo la tragedia, come fosse anonima, ma anche chi ha lavorato pro e contro perché accadesse o perché se ne fornisse riparo. Il tutto ci obbliga a trasferire lo sguardo al presente con profondo senso di responsabilità: basta alle tre civette nel salotto buono di casa! Mai più!!
(Su questi temi, puoi leggere in questo sito la recensione a Zoran Music, artista nato a Gorizia, morto a Venezia, dopo anni in campo di concentramento , ammiratore di Morandi tanto da lasciare alla Gam di Bologna molto delle sue opere grafiche)