Elogio dell’esame di Stato.
Ho già scritto che l’esame di Stato fa bene (vedi sogliola giugno 2016), fa certamente bene all’ insegnante, soprattutto se è esterno o presidente, soprattutto se si allontana dalla costa e si addentra nella prima collina italiana.
Bastano 40 km per sentire la differenza, e pazienza se ti devi svegliare alle 5:30 e sulle strade avvallate e franate incontri enormi mostri agricoli gialli e verdi di cui vorresti capire la funzione e che comunque vorresti guidare una volta nella vita… almeno un giorno vedi il grano così giallo che sembra prendere fuoco e il giorno dopo trovi rotoli di paglia poggiati sul pendio come grossi giocattoli, sorprendi civettine ancora alzate, lasci attraversare famiglie di quaglie.
Fa bene perchè incontri ragazzi diversi, impari cos’è un Arduino e che con lui si può fare quasi tutto e si compra in ferramenta, vedi funzionare un radar poggiato sul tuo tavolo e un misuratore elettronico di temperatura che attravero due semplici trasmittenti “da bagnino” comunica col telefono e gli dice quanto caldo fa, vedi un braccio meccanico raccogliere piccoli oggetti e un’automobilina munita di sensori che sa come evitarli.
Così prendi contatto con il mondo dei tecnici, quelli di cui di solito leggi sulle pagine economiche, quelli che troveranno subito lavoro… ma non è tutto oro…
L’inglese è nella maggior parte dei casi un mistero, quindi le opportunità si restringono molto, tanto da diventare un cappio al collo.
Ci si interroga come sia possibile, dopo 8 anni di insegnamento dell’inglese, avere ragazzi che dichiarano di non saperne nulla, dove abbiamo sbagliato?
…E poi solo una piccola parte porta progetti tecnici all’esame, vengono scoraggiati, la maggior parte si presenta con quei percorsi anonimi, scaricati (male) dalla rete, che partono da autori ( Pirandello, D’Annunzio..) di cui non hanno letto nulla.
Come fa la scuola ad essere così impermeabile al cambiamento, tanto retriva da rimanere indietro perfino rispetto alla normativa (l’ordinanza parla esplicitamente di “esperienza di ricerca o di progetto, esperienza di alternanza..stage o tirocinio)?
Mi stupisco sempre della capacità di certi organismi di resistere al cambiamento, senza opporsi, senza discutere, solo assorbendo l’urto e riprendendo la forma precedente..la scuola italiana in questo è maestra.
Quest’anno poi, alla mia domanda sui progetti futuri, ho sentito risposte che non sentivo da tantissimo tempo, che forse anzi non avevo sentito mai… moltissimi ragazzi rispondono portando le scelte e i progetti che i padri ( e a volte le madri) hanno per loro, e che non hanno mai un raggio d’azione che supera i 30/50 km.
In questa campagna resiste l’autorità paterna in queste forme dal film in bianco e nero e non mi fa tenerezza; penso ai miei che quando si scontrano con le paure dei genitori aggrottano le sopracciglia e si sentono frenati ingiustamente, mentre questi trovano normale fare esattamente quello che è stato pensato per loro.
L’Italia è un paese strano e a volte 40 km sembrano 50 anni.