Nella Cina della rivoluzione culturale, in una scuola malmessa e che manca di tutto, un insegnante, senza titolo di studio e preparazione adeguati scopre, attraverso i suoi studenti, in particolare Wang Fu, il valore essenziale dell’insegnamento. Che sia allontanato dall’insegnamento è la conclusione tristemente ovvia.
Un dizionario, che, alla fine, viene donato dall’insegnante a Wang Fu, è simbolo della “forza” che dona il possesso della lingua.
Acheng, Il re dei bambini, traduzione di M. R. Masci, Milano, Milano, Bompiani, 2000, pp. 68-71
La mattina dopo a lezione capitò che ci fosse proprio un tema. Ridendo i ragazzi dissero che l’argomento sarebbe stato di sicuro il film che avevano visto la sera prima. – Il film di ieri sera? –dissi -. Se ne è discusso per anni sui giornali, che bisogno c’è che ne scriviate anche voi? Avete già scritto su parecchie cose, cose che avete visto con i vostri occhi. Oggi scriverete un tema su una persona che conoscete bene. Le persone sono cose in movimento è difficile descriverle. Provate. Dovrete dire qualcosa in più di quello che avete scritto finora. Che cosa? Vedete voi, dopo discuteremo di questo qualcosa in più -. La capoclasse disse: – Io descriverò il cuoco della nostra brigata. – Va bene – dissi. Un altro disse che avrebbe scritto di me. Io risi e dissi: – Pensate di conoscermi bene? È da poco più di un mese che siamo insieme, non credo che voi sappiate se quando dormo russo -. I ragazzi scoppiarono a ridere, io continuai: – Fate come volete, anch’io posso fare da bersaglio vivente.
[…]
Il sole era ormai alto e lo spazio deserto brillava di luce. Ero molto contento, e in piedi nel vano della porta guardavo fuori. In lontananza vidi Lao Chen che attraversava lo spazio insieme a uno sconosciuto. A un tratto si fermarono, Lao Chen indicò nella mia direzione, e anche l’altro guardò verso di me, poi entrò con Lao Chen nell’ufficio dell’amministrazione. Pensai che fosse amico di Lao Chen, venuto a trovarlo, cui lui facesse visitare la scuola.
Sullo spiazzo erano tornati a passeggiare maiali e galline, che di tanto in tanto lasciavano cadere i loro escrementi e poi andavano a frugare gli uni negli escrementi degli altri. Nel mio intimo mi rallegravo di essere nato uomo. Fossi stato un animale, mi sarei vergognato di venir guardato a quel modo dagli umani.
Fu di nuovo Wang Fu a consegnare per primo. Presi il tema, cominciai a leggere lentamente e trasalii. Sul foglio c’era scritto:
Mio padre
Mio padre è l’uomo più forte del mondo. Nella nostra brigata nessuno regge il confronto con lui quando si devono trasportare i sacchi. Mio padre è anche l’uomo che mangia di più al mondo. Mia madre gli dà da mangiare tutto il cibo che abbiamo finché è sazio. Questo è molto giusto, perché mio padre deve lavorare per mantenere tutta la famiglia. Mio padre però dice: “Io non sono forte come Wang Fu, perché lui sta imparando a leggere e a scrivere”. Mio padre non può parlare, ma io capisco quello che vuole dire. Nella brigata c’è gente che lo maltratta, io me ne rendo conto. Per questo voglio studiare, per poter parlare per lui. Mio padre è un grande lavoratore. Oggi era malato, ma poi si è alzato ed è voluto andare lo stesso a lavorare per non perdere un giorno di salario. Stamattina quando è sorto il sole bianco, mio padre è andato in montagna, entrando nel sole bianco. Mio padre è forte, pensavo.
Rimasi a lungo immobile, poi posai sul tavolo il foglio di Wang Fu e guardai verso di lui. Stava scrivendo qualcosa a capo chino, forse i compiti di un’altra materia. Aveva delle ciocche di capelli più chiari e al centro un ricciolo che puntava nella mia direzione. Lentamente guardai fuori, il terreno era così caldo che attraverso il vapore che emanava sembrava vibrare leggermente. A un tratto mi sentii pizzicare gli occhi, stropicciandoli pensai: sarò capace di insegnargli quel qualcosa in più?
Finalmente la lezione ebbe termine. Raccolti i temi, stavo per rientrare in camera mia, poi ci ripensai e mi diressi invece in amministrazione. Quando entrai, vidi Lao Chen e lo sconosciuto seduti uno di fronte all’altro. Lao Chen mi chiamò: – Vieni -. Io mi avvicinai e indicandomi l’altro Lao Chen disse: – Questo è Wu, il segretario dell’ufficio per l’istruzione dell’azienda centrale. Ti deve parlare -. Io lo guardai e lui guardo me, fece cadere il lungo segmento di cenere dalla sigaretta che aveva tra le dita e disse: – Hai fatto una scommessa con gli alunni? -. Non capii, ma feci cenno di sì con la testa. – A che lezione sei arrivato? – chiese ancora il segretario. – Faccio lezione, ma non seguo il libro di testo – dissi. – Perché? – chiese ancora lui. Io ci pensai su, poi risposi: – Non serve -. Il segretario Wu guardò Lao Chen e disse: -Diglielo tu -. E Lao Chen subito: – No, diglielo tu -. Il segretario: – È così chiaro. Di’ tu -. Senza Guardarmi Lao Chen disse: – L’idea dell’azienda centrale è che tu torni a temprarti ancora un po’. L’idea dell’azienda periferica è che scelga tu stesso una brigata di produzione, nel caso in cui tu non voglia tornare in quella dov’eri prima.
[…]
Il mattino dopo tornai di buon’ora per fare i bagagli. Lasciai il graticcio di bambù sul letto. Fendendo la nebbia seguii il sentiero di montagna con i bagagli sulle spalle diretto alla terza brigata. Il sole era ancora un disco bianco. Dopo un po’ che camminavo, mi fermai di colpo, tirai fuori dalla sacca il dizionario, lo aprii e vi scrissi: “A Wang Fu. Lai Di”. Guardai quello che avevo scritto e poi aggiunsi di seguito il mio nome. Ripresi lentamente il cammino e senza accorgermene cominciai a sentirmi via via più rilassato.