In occasione del 40° anniversario della strage di Bologna, avvenuta il 2 agosto 1980, desideriamo segnalare lo speciale radiofonico “Diecieventicinque – 2 agosto 1980, 2 agosto 2020. La strage alla stazione di Bologna 40 anni dopo“ in onda su Radio Città Fujiko (103.1 fm) dal 27 al 31 luglio alle ore 9.00 e alle ore 17.00, che racconta e ricostruisce questi quarant’anni di storia.
Cinque puntate in cui parleranno i testimoni di quella giornata, come Miriam Ridolfi e Agide Melloni, storici e storiche come Cinzia Venturoli, Claudia Sbarbati e Davide Conti, le voci di quella tragedia come Paolo Bolognesi e Andrea Speranzoni e chi ha cercato di farne letteratura come Loriano Macchiavelli. Ad ogni puntata poi Antonella Beccaria, giornalista, docente di Bottega Finzioni e autrice del libro “Dossier Bologna – 2 agosto 1980: i mandanti della strage“, curerà un ritratto dei personaggi coinvolti nella strage.
Per la realizzazione dello speciale sono stati utilizzati materiali provenienti dalle biblioteche e dagli archivi della Fondazione Gramsci Emilia Romagna, Istituto Storico Parri Emilia Romagna e Centro studi movimenti di Parma.
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Il 6 agosto ricorre l’anniversario della morte di Renato Zangheri (1925-2015), proponiamo anche la lettura del discorso integrale pronunciato dall’allora sindaco di Bologna, il giorno del funerale di stato per le 85 vittime della strage alla stazione (6 agosto 1980).
Il discorso, fu pubblicato sulla cronaca locale del quotidiano L’Unità, il 7 agosto 1980, e sul volume 2 agosto 1980 ore 10,25 (Comune di Bologna 1980), un libro fotografico pubblicato dal Comune di Bologna due mesi dopo la strage. In occasione dell’anniversario libro è stato ripubblicato nella sua edizione originale.
PER LA VERITÀ E PER LA GIUSTIZIA
Signor Presidente della Repubblica,
torniamo su questa piazza dove di fronte ad altri morti avevamo detto che la strage dell’Italicus non avrebbe mai dovuto ripetersi. Se si è ripetuta, nonostante la lotta e la volontà democratica del nostro popolo, e in misura più grande e se possibile più atroce, questo è motivo per noi di amarezza e dolore più cocente.
Piangiamo le vittime di un delitto la cui infamia non sarà mai più cancellata dalla coscienza del nostro popolo e dalla storia. Inviamo ai feriti il nostro augurio, ma sappiamo il tormento e l’angoscioso futuro di numerosi fra loro. Alle famiglie esprimiamo la nostra solidarietà, sebbene un dolore come questo, di chi ha visto la morte dei propri congiunti più cari e di chi attende ancora l’esito di ricerche strazianti, come non ha ragione nell’ordine delle cose umane così non trova consolazione.
Duro è parlare oggi e riunirci in questa terribile circostanza, e si può essere colti da una rabbia desolata, perché non si vede per quale via possa farsi giustizia, una giustizia piena e finalmente rapida; e dunque può sopravvenire la sensazione dell’impotenza, la perdita della speranza.
Ma non è questo l’obiettivo degli istigatori e degli esecutori del crimine? Eccoci di nuovo a interrogarci sulla barbarie, se abbia una logica, un filo conduttore, uno scopo percepibile. Che cosa si è voluto? Seminare il panico, indebolire le difese della Repubblica, fino a soffocarla? Spostare l’asse politico su posizioni di cieca conservazione? O suscitare una reazione violenta, per poi, dopo averla provocata, preparare le condizioni della repressione?
In queste ore di lutto non possiamo evitare le domande, lo sforzo di capire, se non vogliamo che l’angoscia si muti in disperazione. È necessario capire la logica del delitto per combatterlo. Non si dica che la reazione popolare essendo stata forte e ordinata, ha subito dissolto il disegno della provocazione, e che questo doveva essere previsto dagli assassini. Costoro non conoscono e non prevedono la forza e la maturità del popolo. L’hanno dimostrato a Milano, a Brescia, e per due volte a Bologna. Non si dica che gli attentati sono allora opera solitaria di un gruppo di folli. Lo stesso copione che ha portato alla strage del 2 agosto è stato provato sull’Italicus. La stessa città, lo stesso nodo ferroviario, gli stessi giorni delle vacanze, quando i treni e le stazioni sono affollati dalla gente che parte, forse lo stesso proposito di recitare il crimine anche sul corpo di viaggiatori stranieri, e quindi di dimostrare ad altri popoli e governi la debolezza della nostra democrazia, e forse, mi inoltro nella logica aberrante di questi nostri nemici, di giustificare futuri colpi liberticidi.
Il terrorismo nero, bloccato dalle grandi manifestazioni popolari del ’74, è sembrato rintanarsi e cedere il passo. È un caso che nel momento in cui si indeboliscono altre trame eversive, quella nera torni alla ribalta prima con avvisaglie purtroppo trascurate poi con tutta la sua carica omicida? Sono domande inquietanti, inevitabili.
Gli autori della strage non hanno colpito questa o quella parte, ma l’umanità intera e il diritto elementare e sacro alla vita. Ma perché con questa insistenza a Bologna? Questo luogo di esperienze e di battaglie democratiche e di progresso è un ostacolo tale sulla loro via, da doverlo ad ogni costo travolgere?
Non sarà travolto. Gli impegni delle persone umane possono vacillare di fronte al convergere di eventi non sempre prevedibili. Ma noi bolognesi un impegno di fronte al Paese, alle memorie della Resistenza, di fronte all’avvenire, ai giovani, a coloro che in tutta Italia attendono ancora una volta la nostra risposta, e che da tanti paesi stranieri ci hanno inviato parole di pietà, di amicizia e di incitamento, un impegno severo e fermo vogliamo prenderlo. Sulla linea che divide la democrazia dall’eversione non arretreremo, al contrario combatteremo con maggior vigore e coscienza più chiara della posta in gioco. È una posta altissima. Sono attaccate le conquiste costituzionali, il diritto dei lavoratori a costruire una società più giusta, le attese delle giovani generazioni, l’esigenza umana e politica del cambiamento. Ci batteremo duramente perché questa prospettiva non sia negata. Abbiamo forze e convinzioni che non si esauriscono nel giro dei giorni e degli anni.
Ma altre domande incalzano. Quali complicità hanno consentito e accompagnato questa azione nefanda? Quando le scopriremo? I ritardi non saranno nuovamente esiziali?
No, signor Presidente, il dolore non può farci tacere. Questi corpi straziati chiedono giustizia, senza la quale sarebbe difficile salvare la Repubblica; chiedono pronta identificazione e condanna dei colpevoli di questo e di tutti i delitti che hanno macchiato l’Italia in questi anni; chiedono sconfitta della sovversione, ristabilimento delle condizioni di una vita e di una lotta democratica ordinata.
Troppe incertezze e colpevoli deviazioni hanno subito le indagini da Piazza Fontana ad oggi. Troppe interferenze e coperture sono state consentite. Ora la sincerità del dolore e della condanna si misurano sui fatti ed esclusivamente su di essi, sulla volontà e sulla capacità politica e giudiziaria di far luce sulle trame eversive e sui delitti che si susseguono in un crescendo inaudito. Non spetta a noi indicare le linee della politica nazionale, ma è certo che è necessaria una prospettiva politica di fermezza e di chiarezza, che raccolga il consenso del popolo. È certo che coloro i quali hanno ricevuto le responsabilità di Sgoverno e parlamentari dal popolo, tutti coloro che esercitano funzioni pubbliche, dal popolo verranno giudicati per quello che faranno, con una vigilanza e sensibilità moltiplicate dall’angoscia di questi giorni e dalla gravità estrema del crimine che è stato commesso. Ognuno dovrà compiere il proprio dovere, come l’hanno compiuto le donne e gli uomini accorsi alla stazione di Bologna nelle ore della strage, per soccorrere e salvare: semplici cittadini, personale sanitario, magistrati, dipendenti degli enti locali, ferrovieri, vigili del fuoco, militari, forze dell’ordine, e la moltitudine che è su questa piazza a raccogliere la sfida del terrorismo. Grazie di essere venuti. Assieme non potremo essere sconfitti. Il saluto alle vittime è in questo momento, signor Presidente della Repubblica, una promessa morale e politica di fedeltà alle ragioni del progresso umano ed è fiducia in una giustizia che non può fallire perché poggia sull’animo di grandi masse di donne e di uomini. Cosi noi affermiamo oggi la nostra difficile speranza e chiediamo a tutti di combattere perché la vita prevalga sulla morte, il progresso sulla reazione, la libertà sulla tirannia.
Renato Zangheri
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QUI una galleria di fotografie legate all’evento,
tratte dalla raccolta fotografica proveniente dall’Archivio del Partito comunista italiano,
Federazione provinciale di Bologna (1943-1991), qui conservato.
QUI una galleria di manifesti tratti dalla banca dati
del manifesto politico e sociale contemporaneo Manifestipolitici.it