(Alberto Moravia, L’uomo come fine, 1954)
L’uomo come fine – di cui proponiamo la prima edizione, apparsa nell’inverno del 1954 su “Nuovi argomenti” – è un saggio composto da Alberto Moravia nel 1946, a ridosso della fine della Seconda guerra mondiale. Lo scritto, cadenzato in diciotto serrati capitoli, analizza le sfere dell’esistenza all’interno delle quali uno sviluppo perverso della modernità – il testo può infatti essere letto come una critica alla modernità mossa dal suo interno – ha ridotto l’uomo a mezzo di un agire che è fine a se stesso: “in amore l’azione fine a se stessa porta al vizio, nel lavoro alla tecnica, nella politica al machiavellismo, nella morale alla precettistica, nella letteratura alla propaganda, nell’arte alla decorazione […]. L’azione per l’azione è il trionfo […] dell’uomo-mezzo”. La resistenza a tale processo, che ha visto nella deportazione nazi-fascista la sua più tragica manifestazione, va trovata, continua Moravia, nel recupero di una misura dell’umano – “che è l’universale e il particolare, non il gigantesco e il minimo” – all’interno della quale l’uomo possa riscoprirsi come fine degno di se stesso. A partire dal riconoscimento della sua natura residuale.
[pdf-embedder url=”http://iger.org/wp-content/uploads/2020/05/uomo-come-fine-1.pdf” title=”uomo come fine”]
Torna alle proposte #laculturanonsiferma